Primum vivere, anche nella crisi: la rivoluzione necessaria. La sfida femminista nel cuore della politica” – Paestum 5 – 6 – 7 ottobre 2012

Noi donne di femminile plurale siamo state all’incontro “Primum vivere, anche nella crisi”. Si è trattato di un vero e proprio evento, non solo per coloro che si riconoscono nel femminismo radicale: a Paestum si sono ritrovate, dopo trentasei anni, donne che nel 1976  parteciparono al raduno nazionale del femminismo, insieme a molte ragazze di differenti gruppi e associazioni.

Sono state le giovani dell’associazione “Artemide” di Paestum a suggerire il ritorno alla loro città:  la tuffatrice del logo dell’incontro, citazione femminilizzata del famoso reperto greco, –  rappresenta lo slancio del femminile nel XXI secolo.

Oltre ottocento fra donne e ragazze di più di cinquanta città d’Italia hanno discusso sulle forme della politica, i problemi dell’economia, il rapporto fra corpo, sessualità, violenza, potere; nella plenaria che si è tenuta la mattina della prima giornata, sabato 6 ottobre, non ci sono state relazioni introduttive o lezioni magistrali, ma interventi liberi, mentre nel pomeriggio si sono costituiti dei gruppi di lavoro sugli stessi temi, con il coordinamento delle promotrici, le donne che hanno firmato la lettera di convocazione: Maria Luisa Boccia, Lia Cigarini, Laura Cima, Elettra Deiana, Lea Melandri, Letizia Paolozzi, Bia Sarasini, per citarne solo alcune.

La discussione è stata accesa soprattutto sulla questione della rappresentanza politica: si sono confrontate le posizioni delle donne favorevoli alla formula paritaria del “50 e 50”, con quelle che affermano il valore di altre pratiche, altre modalità, per dirla con Ida Dominijanni “un altro linguaggio, un’altra estetica della politica, di fronte a quella corrente”.

Interessante in questo senso è stato l’invito ad affrontare il problema a partire dall’esperienza di coloro che hanno abitato e abitano i luoghi della politica, per interrogarle sui costi e sui vantaggi che questa scelta produce per sé e per le altre, sugli “spostamenti” che questa esperienza opera (o non opera) nella collettività.

La domenica ci si è ritrovate tutte in plenaria, nell’auditorium dell’Hotel Ariston: nonostante la diversità delle posizioni c’è stato un reciproco riconoscimento, una congiunzione appunto fra la radicalità delle origini delle femministe storiche e quella espressa dalle giovani, che hanno posto con forza il problema della precarietà del lavoro.

Rispetto alla precarietà che impedisce la libera progettualità del futuro le giovani hanno avanzato la rivendicazione del reddito di cittadinanza,  che esiste in altri Paesi.

Per le giovani il “reddito di esistenza” è la condizione necessaria per accedere alle altre possibilità di autodeterminazione femminile, al riconoscimento della soggettività che le “madri” avevano affermato allora. E sul valore della soggettività e la ricerca di nuove pratiche politiche potrebbe saldarsi la genealogia. Come ha detto una ragazza, basta con le distinzioni fra le “vetero femministe” e le altre: siamo tutte nella storia.

Il ritrovarsi insieme a discutere i problemi del presente per orientare la trasformazione è già politica.

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